Il rione intorno al castello di vetta
Sul culmine della rupe si erge il massiccio rudere del castello, chiamato oggi sia "anakteron" (castello), sia "to kefalari tis pyritidhapothikis" (torre del magazzino delle polveri). Si raggiunge il castello della cittadella per stretti sentieri rocciosi che, dipartendosi da S. Sofia o dalle cisterne, si snodano tra sterpaglie disseccate, timio, origano e piante bulbose.
Le fondamenta del castello risalgono alla prima fase dell'insediamento bizantino. Nelle epoche successive le mura, distrutte dalle postazioni di artiglieria situate sulla terra ferma prospiciente, furono ricostruite più volte. La pianta del castello è facilmente individuabile: un rettangolo circondato da mura con torri su tre degli angoli. Un lungo tratto di mura si protrae dal quarto angolo fino a una torre rotonda situata sull'orlo settentrionale della parete rocciosa.
Si accede alla zona del castello passando accanto alla vaschetta di una fontana inserita nel muro perimetrale. All'interno della corte si vedono i ruderi dei muri di diversi locali. All'esterno delle mura sorge tuttora un edificio a forma di torre, relativamente ben conservato, il quale, come tanti altri edifici storici dei dintorni, servì a lungo da ovile. I suoi spigoli e l'incorniciatura del portone presentano dei bei lavori in pietra.
Quest'opera di fortificazione separa l'ultima parte della rupe creando così una base di ripiego per il caso che i nemici riuscissero una volta tanto a raggiungere l'altopiano. Alcuni storiografi riferiscono che il castello fu adibito anche a prigione di stato.
Dal castello si gode una magnifica vista su Ghefira e i monti presso Monemvasia, sull'insenatura di Epidavros Limera e quella a sud della rupe con il massiccio di Lyra, Capo Camili e Capo Malea sullo sfondo. Si dice che in giorni particolarmente chiari si veda persino Creta.

Pianta del porto, inscisione di Coronelli del 1689
