Alleanze con l'Occidente: i Catalani, il Papa, Venezia (1460 — 1540)

A fronteggiare la minaccia dei Turchi, solo differita, non eliminata, Monemvasia in effetti non poteva contare che su sé stessa. Così stavano le cose quando fece apparizione dinnanzi alle mura una delle numerose compagnie mercenarie catalane che in Grecia si assoldavano alle diverse parti, Franchi, Greci o Turchi. Gli arconti consegnarono al condottiero, Lopez de Baldaja, le chiavi della città onde assicurarsi il suo appoggio e l'ausilio dei suoi mercenari. In breve però il catalano mostrò di essere un dittatore meschino e tirannico, e gli orgogliosi Monemvasioti lo cacciarono con la stessa celerità con la quale lo avevano chiamato.

Un altro tentativo di proteggere la città fu di sottomettersi alla sovranità del Papa a Roma. Pio II non indugiò ad estendere a questo baluardo della fede ortodossa l'autorità pontificale inviando a Monemvasia un governatore. Anche quest'unione però non durò a lungo, giacché i tentativi del Papa di installarvi non solo una sovranità civile, ma anche religiosa, destarono il risentimento dei cittadini. Inoltre, su campo politico e militare, la potenza del Papa non era sufficiente a salvaguardare a lungo andare la città dalla continua pressione dell'impero ottomano. Dopo soli quattro anni il governatore pontificio dovette allontanarsi, non tanto di sua volontà quanto piuttosto, come osserva uno storiografo greco, a causa della sua debolezza.

L'ultimo scampo era Venezia, la più grande potenza marittima del Mediterraneo orientale. Con la sua flotta militare efficiente la Repubblica di San Marco, dagli anni 1000 in poi, aveva saputo assicurarsi nel Levante un dominio sempre più vasto, la cui peculiarità consisteva nel fatto che non si trattava di estesi territori congiunti, ma quasi esclusivamente di città costiere, isole e basi accessibili dal mare o anche solo di privilegi e diritti commerciali in paesi non soggetti alla sua sovranità. L'ampliamento della potenza veneziana avvenne quasi esclusivamente a spese dell'impero bizantino e non manca perciò di una certa logica che l'ultimo residuo di questo impero, Monemvasia appunto, nel pericolo si rivolse a Venezia. Certo non sarà stato facile per gli orgogliosi Monemvasioti di mettersi sotto la protezione e quindi anche alle dipendenze della vecchia rivale. A cominciare dal secolo XIII l'avanzata dell'impero ottomano aveva determinato un indebolimento della potenza di Venezia; ciònondimeno il dominio veneziano dal 1464 al 1540 rappresentò per Monemvasia un'ottantina d'anni di pace e prosperità, mentre per i Veneziani il possesso di questa città che essi chiamarono "Napoli di Malvasia", costituiva un importante collegamento con i domini situati più a nord ed ad est, con Nauplia, denominata da loro "Napoli di Romania", e con le isole egee. Invece del governatore imperiale risedeva così nel castello di Monemvasia, quale rappresentante di Venezia un podestà, al quale si dava il cambio ogni due anni. Le relazioni biennali di questi funzionari, inviate a Venezia, si trovano tuttora negli archivi e nelle biblioteche veneziane e sarebbero forse in grado di fornire un quadro più preciso della Monemvasia di questa epoca.

Al pari di tutti gli altri precedessori Venezia non mancò di confermare i privilegi di Monemvasia, mentre, al contrario del Papa, non intervenne nelle questioni religiose eliminando così un vasto campo di possibili conflitti.
Il reggimento dei podestà fu saggio e tollerante, coincidendo gli interessi di Monemvasia con quelli di Venezia. La opere di difesa furono riparate e rinforzate, le chiese restaurate mentre il commercio prosperò.
Il benessere dei cittadini si manifestò anche in un'intensa attività edilizia. Ad esempio fu costruita nella città alta la loggia veneziana preposta a Santa Sofia. Un documento dell'epoca testimonia l'attività e il senso artistico delle ricche famiglie di Monemvasia; in una petizione al senato di Venezia del 1527, alcuni cittadini si lamentano del divieto emesso dal podestà di utilizzare per la decorazione dei propri edifici il marmo delle rovine dei templi e delle case di Epidavros Limera, l'antica città che sorgeva dall'altra parte dell'insenatura; essi consideravano quest'abitudine già da molto tempo un diritto acquisito. E difatti i numerosi particolari marmorei che ritroviamo tuttora come architravi di porte e finestre, come gradini o pietre murarie, confermano questa abitudine.

L'influenza veneziana si manifesta tuttora in numerosi edifici e particolari ornamentali, e il leone di San Marco, un rilievo marmoreo incastrato sopra il portone della sede episcopale, testimonia l'antica presenza della Serenissima a Monemvasia. Il pluteale veneziano di un pozzo, del 1514, con due stemmi e le iniziali del podestà Sebastiano Renier, è conservato insieme ad altre antichità nell'ex moschea, attualmente museo. Monemvasia però si era associata ad un astro calante. Dal secolo XIII in poi Venezia si trovava impegnata in una lotta continua, per il predominio nel Mediterraneo orientale, con l'astro ascendente dell'impero ottomano. Dopo la caduta dell'impero bizantino Venezia restò il solo antagonista importante della nuova grande potenza, e ben presto si rivelò che le continue lotte per la Repubblica di San Marco non erano altro che guerre difensive e ripiegamenti. Dal momento in cui i Turchi penetrarono in Morea Monemvasia rappresentò un continuo pomo della discordia; infatti tutte e due le parti tentarono con ogni mezzo di restare ovvero di entrare in possesso di questa fortezza.

Fino alla pace del 1502/03 tra Turchi e Veneziani Monemvasia con i suoi possedimenti non risentì affatto o solo minimamente di queste lotte. La successiva guerra tra le due potenze però fu causa anche per Monemvasia di sacrifici e di ingenti perdite. I Turchi occuparono a poco a poco i possedimenti rurali della città sulla terra ferma, di modo che essa non potè più usufruire di prodotti agricoli, nè per il commercio nè per il prorio fabbisogno. I vigneti del celebre vino erano ormai in mano turca non meno delle culture di frutta, legumi e cereali intorno a Velies e Vatika. Nonostante la città stessa rimanesse inaccessibile ed imprendibile come nel passato, l'interruzione delle fonti di approvvigionamento l'aveva colpita nel nervo vitale, l'aveva resa dipendente dall'aiuto di Venezia e ridotta alla mera funzione di base militare.

Alla fine di un'ulteriore guerra, dichiarata nel 1537 dal Sultano Solimano il Magnifico, Venezia e i suoi alleati, il Papa Paolo III e l'imperatore Carlo V, acconsentirono, dopo la battaglia navale di Prevesa, a una pace che gli storiografi definiscono umiliante e vergognosa; Venezia dovette rinunciare a tutti i diritti sui suoi ultimi due possedimenti in Morea, Nauplia e Monemvasia. Pur non essendo state conquistate, la potenza veneziana non era più in grado di difendere queste due fortezze. In tal modo si risparmiò alla popolazione di queste due città un inutile spargimento di sangue e la devastazione, ma il senato di Venezia non seppe apprezzare questo punto di vista e fece decapitare, al suo ritorno, il suo delegato alle trattative di pace.


Lesesaal

Ursprünglich wollten Ulrich Steinmüller und ich unseren Freunden und Besuchern in unserem Haus in Agia Paraskevi/Monemvasia nur einige Informationen über diese Gegend im Süden der Peloponnes geben.

Daraus entwickelte sich dann aber sehr bald unser Büchlein „Monemvasia. Geschichte und Stadtbeschreibung“, das zum ersten Mal im Jahr 1977 auf Deutsch erschien und in den folgenden mehr als 40 Jahren fast 80 000 Mal in den Sprachen Deutsch, Englisch, Französisch, Italienisch und Griechisch verkauft wurde – aber nur in Monemvasia.

Den Verkauf dieses Büchleins haben wir inzwischen eingestellt, möchten es aber auch weiterhin Besuchern und an dieser schönen und historisch so bedeutsamen Stadt Interessierten zugänglich machen.

Ulrich Steinmüllers homepage können Sie >>> hier <<< aufrufen.

Und hier können Sie das Büchlein in den verschiedenen Sprachen lesen: